Ritorniamo a parlare di genitorialità e ripartiamo dall'inizio, proprio
dai neonati.
Il cervello dei bambini, come ci dice Siegel, nasce già pronto all'amore
e alla relazione: i genitori non devono preoccuparsi di fornire particolari stimolazioni o di riuscire a far sì che ogni neurone si colleghi agli altri in modo corretto.
Piuttosto che di eccessivi bombardamenti sensoriali, per crescere bene
il cervello del bambino ha bisogno di interazioni positive con altri cervelli, in particolare con quelli delle persone che si prendono cura di lui (Siegel & Hartzell, 2019).
Pazienza
I bambini nascono pronti a ricevere amore e comunicazioni e il nostro
compito come genitori è "semplicemente" dar loro interazioni positive.
Sarebbe bello essere sempre "al top", tenere sempre l'asticella della
qualità genitoriale così alta... e invece no! Capita a tutti di avere cadute e comportamenti non adeguati e di uscirne con la sensazione di stare sbagliando tutto, di non essere dei bravi
genitori.
Ok, dopo aver macerato un po' nell'autobiasimo (che serve, comunque, per
ripensare ai nostri comportamenti), ripartiamo da un assunto fondamentale: "stiamo facendo del nostro meglio in funzione delle circostanze della vita!
Evitiamo di giudicarci e biasimarci, piuttosto cerchiamo di essere
gentili e indulgenti con noi stessi; cerchiamo di considerare e rispettare le sensazioni del nostro corpo, le nostre emozioni e le immagini che ci vengono alla mente" (Siegel e
Hartzell). Per fare un buon lavoro e andare a elaborarne uno
che non ci sembra tanto buono ci vuole pazienza!
Tempo
Pazienza, dunque, a volte vuole dire tempo.
Anche i bambini, però, hanno bisogno di tempo, quando qualcosa non va:
il disagio vissuto nel corso di qualche episodio spiacevole (una sgridata, una frustrazione, un incidente di percorso...) crea uno stato di malessere emotivo, che può avere un profondo impatto
sulla sua mente. Se per noi questi episodi si possono risolvere in un battito di ciglia, per i bambini sono molto importanti, perchè essi devono ancora imparare a elaborarli e
gestirli.
Diamo tempo: lasciamo loro il tempo che ogni tanto vorremmo avere anche
noi. Se forziamo l'elaborazione dei vissuti o pretendiamo di lasciarli andare quando i bambini non sono pronti, rischiamo di esasperarne le reazioni e di ottenere risposte comportamentali che,
come magari ci sarà capitato di dire, ci fanno perdere la testa.
"Perdere la testa", però, non è un'espressione utilizzata a caso: sotto
stress, infatti, il nostro cervello può perdere l'accesso a quelle aree coinvolte nelle scelte razionali e ponderate e che consentono un pensiero chiaro e riflessivo.
Vediamo come e perchè.
Perdere la testa: istruzioni per l'uso!
"Perdere la testa" di fronte a certi comportamenti dei figli: quante
volte??? Su la mano chi non si è mai sentito così!
E letteralmente la si perde, la testa, perchè quando un bambino fa i
capricci, non obbedisce, risponde in quel certo modo che ci tocca nel profondo e smuove in noi qualcosa che non sappiamo controllare, davvero perdiamo l'accesso alle aree del cervello coinvolte
nelle scelte razionali e ponderate, che consentono un pensiero chiaro e riflessivo.
Tutto ciò dipende dalla modalità di elaborazione delle
informazioni:
- Quando utilizziamo modalità superiori, mettiamo in campo processi
razionali e riflessivi della mente.
- Quando utilizziamo modalità inferiori, inibiamo i processi superiori e
viviamo emozioni intense, reazioni impulsive, risposte rigide e ripetitive, che ci portano a non riflettere su di noi e a non considerare i punti di vista altrui.
Approfondiamo ora entrambe le modalità, per meglio comprenderle e
gestirle in modo adeguato per noi e per i nostri figli.
Modalità inferiori
Quando utilizziamo le modalità inferiori, le nostre risposte subiscono
una disorganizzazione a livello dei processi mentali e dei comportamenti, che ci portano a rispondere in modo imprevedibile e con eccessiva intensità emotiva nelle interazioni con i figli,
inducendo a volte in loro confusione e paura.
Le modalità inferiori si sviluppano secondo quattro
fasi:
- Scatenamento: si attivano questioni lasciate in sospeso o non
risolte.
- Transizione: ci si sente come in bilico, sul punto di entrare in un
diverso stato della mente, ma si cerca ancora di mantenere un equilibrio, per quanto precario.
- Immersione: in modo graduale o rapido, emergono emozioni intense,
inclusa la frustrazione per non essere riusciti a mantenere il controllo su se stessi.
- Ritorno: si riattivano le modalità superiori (risposte flessibili e
comunicazioni efficaci), ma in una condizione ancora di vulnerabilità e a rischio di ritorno a uno stato inferiore.
Trovare, quindi, il modo di uscire dagli stati inferiori o di evitarli è
estremamente importante per riuscire a mantenere e riparare una relazione sana con i propri figli.
Modalità superiori
Le modalità superiori di elaborazione delle informazioni coinvolgono
l'attività della corteccia prefrontale: avete presente quando si parla di cervello rettiliano? Quello istintivo, irrazionale, quello più animale o tipico degli uomini primitivi? Ecco, la
corteccia prefrontale è la sua evoluzione: quella parte di cervello più recente, che si è evoluta per ultima e che è tipica dell'homo sapiens (anche se, come abbiamo visto, a volte ci
dimentichiamo di averla...).
Quando la mente funziona secondo modalità superiori, noi siamo in grado
di utilizzare processi più razionali e più riflessivi, che ci consentono di dare, appunto, risposte più pensate, più personali.
Ben inteso: non garantiscono l'assenza di conflitti, nè che i nostri
bambini non saranno mai turbati o infelici, precisa Siegel; "ci permettono comunque di scegliere le modalità con cui rispondiamo ai loro atteggiamenti e comportamenti, di essere riflessivi e
consapevoli delle nostre forme di comunicazione e di optare per risposte che favoriscano le sviluppo di una relazione genitore-figlio sana e sicura".